SICUREZZA O SFRONTATEZZA LINGUISTICA?

Quando ci si trova ad affrontare l’apprendimento di una nuova lingua straniera, in particolare in età già adulta, ci si scontra, inevitabilmente, con la marea di consigli e suggerimenti che poliglotti più esperti ci inculcano nella speranza di agevolarci in questo arduo percorso intrapreso. Tra i vari “slogan” di incitazione, ce n’è uno, in particolare, che suscita nel principiante sensazioni contrastanti e si tratta del celeberrimo: “non devi aver paura di sbagliare, prova a parlare e buttati!”.

Di per sé questo rappresenta un valido consiglio, attuabile in tutte le lingue e a tutte le latitudini, in quanto il timore di sbagliare rimane, di fatto, lo scoglio più difficile da superare quando si impara una nuova lingua straniera. Temiamo di cadere nel ridicolo, di non essere compresi, di creare equivoci.

Spesso, prima di iniziare a parlare in una lingua straniera, ci soffermiamo a riflettere su quale possa essere il termine più corretto, la frase perfetta da utilizzare, il tono o la pronuncia.

Tutto questo processo mentale, prima di avere il coraggio di esprimere il nostro pensiero, porta spesso a un impedimento in termini di scioltezza e fluidità di comunicazione. Non a caso, i bambini riescono a parlare una lingua straniera molto più rapidamente di quanto non facciano gli adulti; grazie alla loro “incoscienza”, sono liberi dal timore di sbagliare, di rendersi ridicoli o di non riuscire ad esprimere pienamente il loro pensiero.

Questo blocco può dunque essere visto come un connubio tra mancanza di sicurezza e consapevolezza delle conseguenze cui un errore, grammaticale o di pronuncia che sia, può portare.

Tuttavia, vi sono persone, in particolare tra coloro che rivestono cariche importanti o che hanno un ruolo in qualche modo “di rilievo” all’interno della società, che sembrano non conoscere questo timore, anzi, cercano non solo di parlare in una lingua che non conoscono, ma addirittura di sfoggiarla in occasioni pubbliche con l’evidente unico scopo di voler far colpo sui destinatari del messaggio.

Questa tecnica, utilizzata soprattutto da personaggi pubblici in presenza di un pubblico straniero, viene attuata con diversi scopi che vanno dal semplice voler “rompere il ghiaccio” e sentirsi più vicini ai destinatari del messaggio, sino al meno spontaneo voler sembrare “uomo di mondo” o abile comunicatore poliglotta.

Se da un lato esprimersi nella lingua del proprio pubblico spesso permette all’interlocutore di conquistare la sua fiducia e attenzione, dall’altro lato, questa sfrontatezza linguistica può essere un’arma a doppio taglio, proprio per via della superficialità con cui ci si cimenta nel parlare la lingua straniera.

A esempio del primo caso, riportiamo la celebre frase “Ich bin ein Berliner” (Io sono un Berlinese) pronunciata dell’allora presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy durante il discorso tenuto a Rudolph Wilde Platz, di fronte al Municipio di Schöneberg, mentre era in visita ufficiale alla città di Berlino Ovest. Il suo intento era, evidentemente, quello di fare sentire al popolo della Germania occidentale l’amicizia, la vicinanza e l’appoggio del popolo americano e a giudicare dalla reazione entusiasta del suo pubblico, da grande comunicatore quale era, colse pienamente nel segno.

Di seguito, riportiamo, invece, qualche celebre esempio di pessimo utilizzo di una lingua straniera poco conosciuta da parte di personalità pubbliche che l’hanno utilizzata al solo scopo di avvicinarsi al pubblico destinatario e che anziché farli apprezzare, come nell’esempio sopra, ha portato a risultati tragicomici e fallimentari.  Nella sua visita all’Expo di Milano nel 2015, l’ex Segretario di stato Americano John Kerry decise di rivolgersi agli italiani direttamente in Italiano e del suo ormai celebre discorso non rimase null’altro oltre alla frase “Pizza che merdaviglia”.

In entrambi gli esempi riportati, i due politici hanno dimostrato di sapersi esporre nell’impiego di una lingua straniera che non apparteneva loro e che conoscevano appena, senza tuttavia aver timore di sbagliare. Questa superficialità, come si è visto, può però portare a risultati diametralmente opposti. Se non si ha la padronanza linguistica, soprattutto se si veste un ruolo istituzionale, è consigliabile astenersi o almeno fare un uso limitatissimo della lingua in questione.

Infatti, non bisogna confondere la sicurezza con la sfrontatezza. Per sicurezza si intende essere consapevoli di avere qualche, lieve, lacuna, ma non farsi sopraffare da queste imperfezioni e riuscire egregiamente a sfoggiare le proprie doti linguistiche; sfrontatezza è, invece, gettarsi a capofitto nell’utilizzo della lingua straniera, per il solo gusto di cimentarsi, senza avere la benché minima base per poterlo fare.

A mio avviso, nel primo caso il pubblico è ben disposto a perdonare qualche incertezza. Ne è esempio il discorso e benedizione di Papà Giovanni Paolo II quando pronunciò la ben nota: “Se sbaglio mi corrigerete”. Sebbene non fosse un italiano perfetto, e il neo eletto pontefice di origini polacche se ne scusò in anticipo e i suoi errori furono accolti con magnanimità e un sincero sorriso dal pubblico.

La sfrontatezza invece produce quasi sempre sberleffo e incomprensione e, a esempio di ciò, come non partire dai due ex capi di stato italiani, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, i quali, consapevoli dei notevoli limiti nella conoscenza della lingua inglese, non si fecero remore a dare sfoggio della loro (poca) padronanza anglofona con risultati non proprio encomiabili, finendo così per essere sbeffeggiati dai più.

Per concludere, si può affermare con certezza che il confine tra l’essere sicuri di sé e quindi lasciarsi andare nel parlare una lingua straniera senza timori e l’essere sfrontati al punto da non essere consci dei nostri limiti è molto sottile. Probabilmente la differenza sta tutta nel contesto e nella situazione in cui ci si trova.

In un contesto informale, come quello tra un gruppo di amici, ci si può permettere di essere sfrontati e dire quello che ci passa per la testa in una lingua diversa dalla nostra, senza pensare troppo alle conseguenze, virtù importante se si vuole comunicare in modo fluido in lingua straniera. In queste situazioni, infatti, la chiarezza e correttezza espositiva non sono prioritarie, lo è bensì una comunicazione rapida e concisa del messaggio.

In situazioni formali, invece, la sfrontatezza diventa penalizzante: non solo il messaggio non arriva al destinatario in modo efficace, ma rischia anche di non arrivare affatto o di essere frainteso portando, di conseguenza, a magre figure.

In sintesi, bisogna saper scegliere quando è il momento giusto per sfoggiare le proprie doti linguistiche in piena sicurezza, consci delle proprie abilità e quando, invece, è il caso di tacere o di servirsi di un professionista per tradurre correttamente, in una lingua diversa, la propria opinione.

Hillary Ngaine Kobia

Coordinatore NLS


Neno Language Services (NLS) offre servizi di traduzione (traduzioni proprietà intellettuale/industriale, traduzione brevetti, traduzioni tecniche, traduzioni manuali, traduzione istruzioni d’usi, traduzioni legali, traduzioni mediche, traduzioni scientifiche, traduzioni pubblicitarie, traduzioni sportive) e di interpretariato in oltre 50 combinazioni linguistiche.